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Recovery fund: come funziona e perché è così importante

Da alcuni mesi, in parallelo al dibattito squisitamente sanitario sulla pandemia da Covid-19, in tutti i Paesi del mondo si è dovuta affrontare la questione della gravissima, forse la più grave dei tempi moderni, crisi economica scaturita dalle misure di contenimento adottate per il contrasto all’emergenza medica.

Al di là delle specifiche misure adottate da ciascuno Stato, nell’Unione Europea il tema principale della discussione in ambito finanziario è stato e continua ad essere l’ormai celebre Recovery Fund, denaro (definitivamente sbloccato nel dicembre 2020 da tutti i Paesi membri) che ogni Stato può spendere per risollevare le economie nazionali e, di conseguenza, dell’Unione nel suo complesso.

Ma si tratta di un prestito o di investimenti a fondo perduto?

Possono essere spesi a piacimento dai governi o devono essere rispettate precise condizioni?

A quanto ammonta la cifra destinata all’Italia e quando arriverà?

In questo articolo faremo ordine su tutti gli aspetti di questo strumento che, se ben gestito, ha le carte in regola per essere un importantissimo toccasana per le tasche dello Stato.

Letteralmente “fondo di recupero”, Recovery fund è l’abbreviazione di “Recovery and Resilience Facility”, la Struttura di Recupero e Resilienza al centro della misura chiamata Next Generation EU (che ammonta a 750 miliardi di euro), approvata lo scorso novembre dal Parlamento europeo per rilanciare le economie europee colpite dalla pandemia insieme al piano finanziario pluriennale (di 1100 miliardi di euro). Quindi, la manovra europea, la più grande mai finanziata dall’Unione, nel complesso prevede una spesa di più di 1800 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027. Il Recovery fund, nel dettaglio, è costituito da 672,5 miliardi di euro, di cui 360 miliardi in prestiti e 312,5 miliardi in sussidi per rinforzare le riforme e gli investimenti degli Stati in linea con gli obiettivi di transizione ecologica e digitale. Da ciò si intuisce che si tratta di denaro che deve essere speso secondo una direzione ben delineata, che contempli sì il supporto alle economie nazionali, ma solo se nell’ottica di investimenti innovativi e green, sostenibili e inclusivi, che pongano al centro dei loro interventi la salute, la coesione economica, sociale e territoriale, l’occupazione, la produttività, la competitività, la ricerca e un mercato unico ottimale con piccole e medie imprese robuste.

Il Next Generation EU è gestito dalla Commissione Europea ed è destinato, in quote diverse, agli Stati membri dell’Unione. Per i fondi del Recovery Fund, le quote sono stabilite per gli anni 2021-2022 in base all’inverso del Pil pro capite, alla popolazione e al tasso di disoccupazione nell’intervallo di tempo 2015-2019; per il 2023 il criterio della disoccupazione sarà rimpiazzato dalla perdita di PIL reale avvenuta nel 2020 e dalla perdita cumulativa del PIL reale analizzata nel biennio 2020-2021. Per impossessarsi del fondo, gli Stati membri devono stilare dei piani di ripresa e resilienza sotto forma di riforme e investimenti per gli anni 2021-2023, da presentare alla Commissione per l’approvazione entro l’imminente 30 aprile 2021. Inoltre, è necessario che almeno il 37% del piano favorisca la transizione verde e almeno il 20% quella digitale, oltre il rispetto delle raccomandazioni del semestre europeo per ciascun Paese.

I fondi del Recovery Fund saranno fruibili fino al 31 dicembre 2023 e il 70% almeno della quota per il sostegno a fondo perduto deve essere vincolato entro il 2022. La portata massima dei prestiti per ogni Stato non può valicare il 6,8% del proprio Pil e tutti i pagamenti dei contributi finanziari agli Stati saranno effettuati entro il 2026. Insieme al Piano, lo Stato può richiedere alla Commissione anche un prefinanziamento pari al massimo al 13% del contributo finanziario e/o del sostegno al prestito, da ricevere entro due mesi. Nelle ipotesi preventive, la quota del fondo destinata all’Italia era di circa 65,5 miliardi di euro di sovvenzione e 127,6 miliardi di euro di prestiti (in totale 193,1 miliardi). La revisione delle stime rispetto ai dati sul 2019 ha portato un aumento fino a 196,5 miliardi di euro, che il Governo italiano dovrà presto decidere definitivamente come utilizzare per dare respiro all’economia del nostro futuro più immediato.

 

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