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Partite IVA: contributi a fondo perduto fino a 150mila euro. Come e quando?

Con l’approvazione definitiva del Senato avvenuta a luglio, il Decreto Sostegni bis è stato convertito in legge. Il nuovo provvedimento sancisce che i soggetti con fino a 15 milioni di euro potranno ricevere i contributi a fondo perduto già previsti per altri lavoratori. Quindi, tra i beneficiari adesso rientrano anche le imprese e i professionisti che finora non hanno mai beneficiato degli aiuti dall’avvio della pandemia (precedentemente, la soglia d’accesso era pari prima a 5 milioni di euro, poi a 10). Ma è solo grazie al via libera della Commissione europea dello scorso 10 novembre che si può finalmente sbloccare l’erogazione dei 4,5 miliardi stanziati da parte dello Stato; gli importi arriveranno fino a 150mila euro e saranno accreditati entro il 31 dicembre 2021. Bruxelles, difatti, ha dato il suo benestare dal momento che il sistema di aiuti improntato dal nostro Paese rientra nelle condizioni stabilite nel quadro temporaneo per il superamento dell’emergenza Covid-19.

Gli aiuti sono destinati a startup e imprese come sovvenzioni dirette:

  • fino a 1.000 € per le imprese registrate fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2018 e la cui attività aziendale è cominciata nel 2019;
  • fino a 150.000 € per le imprese che, in conseguenza della pandemia, hanno sostenuto un peggioramento dei loro risultati economici rispetto al 2019.

Però, bisogna attendere il decreto attuativo del Ministero di Economia e Finanze per individuare i criteri per fare richiesta, tramite domanda telematica, all’Agenzia delle Entrate, che comunque dovrà arrivare nei prossimi giorni, dato che le somme dovranno essere ricevute inderogabilmente entro la fine di quest’anno. Qualche tempo fa, la sottosegretaria del ministero dell’Economia Maria Cecilia Guerra aveva dichiarato: «Il decreto sarà emanato successivamente al 30 settembre 2021, in quanto la percentuale minima di peggioramento del risultato economico d’esercizio per accedere al contributo e la percentuale da applicare per la quantificazione dell’ammontare del contributo stesso devono essere determinate tenendo conto dei dati indicati nelle dichiarazioni dei redditi trasmesse entro il 30 settembre 2021, al fine di garantire il rispetto dello stanziamento delle risorse di cui all’articolo 1, commi 25 e 25-bis, del decreto Sostegni bis».

Ciò che al momento sappiamo è che potranno fare richiesta:

  • i titolari di partita IVA attiva alla data del 26 maggio 2021, esercenti attività d’impresa, arte o professione o che producono reddito agrario, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, ad eccezione di enti pubblici, intermediari finanziari e società di partecipazione;
  • i titolati di partita IVA con ammontare di ricavi o compensi non superiore a 15 milioni di euro nel 2019

 

che hanno registrato un peggioramento del risultato economico di esercizio nel corso del 2020 rispetto al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. Sarà il decreto attuativo del MEF a stabilire quale sarà la percentuale della riduzione dei ricavi limite per poter procedere con la richiesta. Per quanto riguarda l’importo dell’aiuto, abbiamo detto che il tetto massimo è fissato a 150.000 euro. Alla somma emersa applicando la percentuale alla differenza del risultato economico d’esercizio dovranno essere tolti i contributi a fondo perduto già riconosciuti quest’anno dall’Agenzia delle Entrate grazie ai precedenti decreti.

Secondo i dati forniti dalla Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato relativi al periodo febbraio 2020-agosto 2021, il numero dei lavoratori autonomi registra un calo del 5,8% (pari a 320.000 soggetti), mentre quello dei dipendenti un calo dello 0,5% (pari a 89.000 soggetti; i titolari di un contratto a tempo indeterminato hanno avuto un calo più marcato di quello dei lavoratori a termine). Da questi numeri si evince chiaramente che le conseguenze di quasi due anni di pandemia si sono ripercosse soprattutto su chi lavora in proprio. Alle complicazioni che riguardano da sempre le micro-imprese (burocrazia, carenza di credito, tributi, ecc.), si sono sommate le chiusure imposte per decreto, i limiti agli spostamenti, il tracollo dei consumi delle famiglie (meno 130 miliardi di euro) e l’esplosione dell’e-commerce: motivi che hanno aggravato la situazione di tanti autonomi, che sono stati costretti a chiudere. «Mai come in questo momento ‒ evidenzia la CGIA ‒ è necessario dare una risposta ad un mondo, quello autonomo, che sta vivendo una situazione particolarmente delicata».

 

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